Mi sono ritrovata spesso,
troppo spesso a controbattere o a discutere sul binomio natura e cultura. Parto,
da una mia posizione ideologica, che rifiuta il ruolo subalterno della donna
che la vede condannata dalla biologia, e la stessa biologia che è benigna nei confronti degli uomini.. Per pormi una
domanda: In quale misura, l’uomo, (inteso come specie) subisce nel proprio comportamento l’imperio
della sua natura biologica? Oppure sia
culturalmente determinato, condizionato più dall’immagine di se stesso che dai
cromosomi? Mettendo bene in chiaro che queste sono solo delle mie riflessioni,
che non hanno nessun valore scientifico, dal momento che non seguirò nessun
metodo scientifico .
Nel primo caso; quello
dell’imperio biologico, vede un destino sottomesso, perché iscritto nei modi di
funzionare della materia vivente, il secondo lascia maggior spazio alla
coscienza e alla libertà di scelta. Se l’uomo è biologicamente determinato,
come sembra indicarci parte delle teorie della biosociologia o dell’etologia
sociale, le mete che ci possiamo proporre, non sono materia di speculazione
filosofica, ma di indagine scientifica; quindi solo la scienza può decidere con
competenza l’organizzazione sociale, perché solo la scienza può sapere quali
siano le forme, conformi alle nostre peculiari caratteristiche biologiche.
Quindi la nostra conformazione biologica, renderebbe inutile e folle ogni
spinta soggettiva al cambiamento..
Viceversa se è la cultura a dettare le ragioni del nostro agire, la possibilità
di evoluzione diviene una caratteristica fondamentale della natura umana, e il
futuro che ci aspetta non deve più essere scoperto per diventare conosciuto, ma
può essere immaginato e costruito.. Il richiamo al determinismo
comportamentale, rievoca vecchi fantasmi autoritari, che riducono l’uomo ad un
automa biologico, ben programmato, mentre l’approccio culturale è in grado di
garantire le libertà e il progresso sociale.
Il pericolo di fantasmi
autoritari, non è insito soltanto nella pretesa di individuare a priori,
comportamenti possibili, ma anche nell’idea opposta che non vi siano limiti
biologici, la possibilità di inventarci il proprio destino, non ci offre, di
per se, la certezza sulla qualità del “destino”..
Sia la cultura che la
biologia ci vedrebbe adatti solo alla piramide gerarchica, perché se l’uomo non
ha in se il senso della propria esistenza, la passività e l’indeterminazione
che ne deriva, apre le porte a qualunque tipo
di determinazione esterna. Dio o lo stato, che è poi lo stesso.
Il fatto che la matrice
biologica venga utilizzata per avallare teorie reazionarie, non vuol dire che
tale matrice deve essere dimenticata. In pratica vorrei, cercare di attribuire
la giusta collocazione per evitare di rimanere invischiati nella
contrapposizione natura/cultura.
Dire che i comportamenti
umani sono tipici della specie equivale, evidentemente, a dire che sono geneticamente fissati. Le
componenti genetiche del comportamento e il comportamento umano, non sono la
stessa cosa. Nell’uomo, come in tutti gli esseri viventi, il comportamento è il
risultato di diverse variabili; la
biologia e la cultura, sono solo alcune di queste variabili, perché vi sono
impulsi dell’ambiente esterno, il
comportamento di altri esseri viventi,
della stessa o diversa specie, l’andamento meteorologico, l’escursione termica,
ecc…ecc…
Quindi il comportamento
umano non si può fissare in un modo univoco e costante, quello che gli etologi amano
definire “automatico”, perché univoco e costante, non è il comportamento ma il
combinarsi di diversi fattori, perchè ogni individuo non incontra lo stesso
ambiente, non ha la stessa storia. Ma ciò non esclude che tra la formazione
biologica degli esseri viventi e il loro comportamento esista una relazione
profonda, ma è del tutto arbitrario, come fanno certi studiosi del
comportamento animale ed umano, ritenere che tale relazione sia diretta, che
abbia una relativa componente genetica, pertanto immodificabile. Risulta
presuntuoso ritenere di poter risalire a posteriori di un comportamento
osservato, sempre e comunque prevedibile, perché in ambiente diverso, il
medesimo corredo genetico si combini in modo da produrre comportamenti inaspettati,
e questo, credo che possa accadere, anche osservando il comportamento sessuale
dei merli, figuriamoci nell’uomo..
Dimenticavo; per comportamento si intende la manifestazione “esteriore”.
Dimenticavo; per comportamento si intende la manifestazione “esteriore”.
Il confronto tra il
comportamento umano e quello animale, non tiene conto, di quello che nel
comportamento umano è presente, ed è totalmente assente in quello animale.
Il comportamento animale, è
sostanzialmente eterodeterminato. (soggezione alle altrui decisioni) Il
comportamento di un animale, è dato dal patrimonio genetico e l’ambiente
vissuto in maniera passiva. Il batteri lattici, hanno nel loro patrimonio
genetico gli enzimi adatti per fermentare il lattosio, ma anche il glucosio, di
questi zuccheri, fermenta quello che il caso o l’uomo, li mette a disposizione.
Quindi quello del batterio è il risultato “passivo” delle caratteristiche
dell’ambiente.. Certo che le cose diventa sempre più complicate, man mano si
sale nella scala evolutiva, perché si complicano le conformazioni biologiche, e
di conseguenza il rapporto con l’ambiente. Quindi gli animali fanno, quello che
geneticamente sono in grado di fare, ma anche quello che l’ambiente li
costringe a fare.
Anche per l’uomo il
comportamento è il risultato dell’incontro, tra conformazione biologica, e
ambiente. Ma l’ambiente, per l’uomo ha un altro significato, più ampio, di
quanto ne abbia per gli animali, anche perché l’ambiente che influenza il
comportamento umano è costituito in massima parte da individui della stessa
specie, cioè dagli uomini stessi, che hanno la possibilità di esercitare
condizionamenti vicendevoli, anche in assenza
di un contatto diretto e questo ne determina la possibilità di
comportamenti umani individuali differenziati. L’uomo trascorre la propria vita
in mezzo ad altri uomini, con regole, precetti opinioni, strumenti e oggetti
creati dai suoi simili. L’insieme di queste norme e oggetti compongono l’ambiente
artificiale dell’uomo. Artificiale perché creato nel corso della storia, quindi
non prodotto dalla natura. Questo ambiente artificiale in cui l’uomo vive si
chiama cultura..
Quindi il comportamento
umano è “culturale e volontario” pur traendo la sua origine da fondamenti
biologici. Anche negli animali, soprattutto nei mammiferi superiori la loro
volontà viene esercitata, ma in maniera ridotta. Nell’uomo invece il numero
delle azioni volontarie è talmente elevata che la differenza da quantitativa si
trasforma in qualitativa. Da non dimenticare poi, la capacità d’astrazione che
è tipicamente umana. che permette all’uomo di raffigurarsi, di immaginarsi nell’ambiente.
In pratica l’uomo, tende a modificare l’ambiente in cui vive, e non a subirlo
come capita alle altre specie. E tutto questo è cultura e non biologia.
Il comportamento umano non è mai completamente
controllabile, nessun regime, è mai riuscito a ottenere dai suoi sottoposti,
un’adesione totale, perché nella società umana, è presente e sarà sempre
presente la trasgressione, come resistenza a subire il condizionamento.
In conclusione, l’uomo può
essere definito un’organismo bio-culturale, ma anche socio-ideologico e
pratico-immaginario.
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