martedì 10 dicembre 2013

Ogni epoca ha i suoi buffoni.


Ogni epoca ha i suoi buffoni,  e il numero dei buffoni determina lo stato di decomposizione di una nazione. Quando un avventuriero come Mussolini può giungere al potere, vuol dire che il paese non è né sano né maturo. Questa in sintesi è la tesi di Camillo Berneri in: “Mussolini grande attore.”
Ma vediamo ora come ci descrive la “compagnia di teatro” il Berneri.
“ D'Annunzio era un istrione come Mussolini. La sua villa sul lago, a Gardone, museo-convento-alcova dove il lusso più sfrenato si mescolava ai simboli della povertà francescana, fu il suo teatro. Vi erano donne dai facili costumi in abito di suore francescane e legionari viveurs, anch'essi in veste di terziari. Vi si vedeva una statua di S. Francesco rappresentato con un'enorme spada al fianco ed anche un quadro raffigurante D'Annunzio completamente nudo, con la corona di poeta in testa e il monocolo, inginocchiato davanti a S. Francesco che gli apre le braccia. La «cella monacale» aveva il soffitto in oro battuto; dappertutto era scritto Silentium e si sparavano cannonate.[….]
Poi passa a descrivere come accoglieva la stampa le gesta di D’Annunzio.
“La riprendo dal Corriere della sera del 25 maggio 1926. Si tratta dell'inaugurazione del vessillo del gruppo sportivo degli impiegati della Banca Popolare di Milano.
D'Annunzio appare al Vittoriale, sul ponte, alla prua della nave Puglia, che inalza il suo albero maestro in mezzo al verde delle colline. È vestito da generale dell'aviazione. Su una montagna, sul ponte di una nave, in divisa d'aviatore: c'è la terra, il mare e il cielo. Si toglie il berretto e parla. Comincia a piovere e si grida dal pubblico: «Tenete in testa il berretto!». L'oratore risponde: «Il comandante non riceve ordini»; lancia il suo berretto fra la folla e aggiunge ridendo: «Mi dispiace che non sia qualcosa di più solido». Uno dei presenti, il sindaco di Crema, domanda la parola e annuncia che un piccolo gruppo di legionari cremaschi si è unito al grosso del pellegrinaggio sportivo e che porta in dono alcune preziose monete dell'epoca di Barbarossa. Il poeta risponde: «Non sono un numismatico ma le accetto come un obolo e fo osservare che anche la Banca Popolare doveva portarmi, e dovrà farlo, il buono da cinquanta centesimi che essa stampò, sessanta anni fa, al tempo della crisi finanziaria». Nessuno ha pensato a questo dono. E il poeta riprende a parlare qualificandosi «uomo di finanza»: «Il figliuol prodigo, di cui io sono il discendente, è il più perfetto uomo di finanza. Si dice, miei cari compagni economi, che il Comandante ha le mani bucate... Ecco il segno che mi apparenta a S. Francesco che aveva, anche lui, le mani bucate dalle stigmate. Attraverso le mie stigmate passerà anche quel buono di cinquanta centesimi che voi non mi avete portato». Terminato il discorso, abbracciato il labaro, D'Annunzio ordina di tirare sette colpi di cannone. Poi discende dalla prora, abbraccia alcuni legionari cremaschi e promette di andare a Crema, incognito «con la parrucca, una barba finta e un paio di occhiali d'oro da giovane pianista». Dopo aver parlato dell'efficacia del digiuno sul cervello, si ritira.
E questa non è stata una delle cerimonie più stupefacenti.”
Dopo Berneri, passa a descrivere il terzo buffone; Edgarde la Plante.
“Le buffonate di D'Annunzio sono un segno dell'epoca. Ma ancora più significativa mi sembra l'avventura di Edgarde La Plante, comparsa cinematografica americana, che riuscì nel 1924 a farsi passare per un principe pellirossa e a divenire un personaggio ufficiale del fascismo. Come i vermi che formicolano su un cadavere consentono di stabilirne il grado di decomposizione, così la specie di avventurieri che riescono ad imporsi in un dato momento storico illuminano lo stadio di decadimento di una nazione.
La Plante non era che il capo di una troupe di pellirossa da circo, un presentatore-Barnum della casa cinematografica «Paramount», un ballerino e cantante dei teatri di varietà. Alcoolizzato, bigamo e omosessuale, non era fornito di alcuna cultura. Era un volgare scroccone. Conosciute a Nizza due contesse tedesche, madre e figlia, divenne loro amico: così cominciò a spillar loro denaro. A Grado, a Porto Rose, a Trieste debuttò facendosi passare per un grande capo indiano venuto in Europa per rivendicare i diritti della sua razza. I suoi primi successi, nei Casinò e negli stabilimenti balneari, gli suggeriscono l'idea di fare un giro trionfale attraverso tutta l'Italia. La prima tappa fu Venezia, ove venne accolto con una grande manifestazione popolare. Scese all'Hotel Danieli: i giornalisti accorsero per intervistarlo, presentandolo poi, con articoli stupidamente apologetici, come un autentico principe indiano. Invitato a ricevimenti ufficiali, cominciò a circondarsi di segretarie e di una specie di guardia personale composta da giovani fascisti. Ormai sicuro di sè, si gettò nell'avventura. Il 21 luglio 1924 è proclamato a Fiume fascista ad honorem. Un generale della milizia fascista gli dona, a Trieste, la sua foto con questa dedica: «A Sua Altezza il Principe Chief Elk Tananna Ray, fascista nell'anima e gregario devoto». Il vescovo dell'Istria gli fa dono di un prezioso anello; ad Ancona è accolto ossequiosamente dalle autorità; a Bari riceve una seconda tessera ad honorem; nei paesi delle Puglie il suo arrivo è salutato dalle campane delle chiese; a Roma è ricevuto da Mussolini; a Milano i moschettieri di Mussolini lo nominano moschettiere onorario; a Torino parla alla celebrazione del secondo anniversario della marcia su Roma; dovunque gli è conferita la qualifica di membro onorario di numerose associazioni di ex-combattenti e dovunque distribuisce denaro a piene mani. Quando stava per sedersi a teatro, nel palco reale, dovette ripartire per la Svizzera con la sua collezione di foto con dedica, di doni, di tessere ad honorem, di lettere d'ammirazione. Arrestato, venne condannato per truffa e fu l'Italia ad essere giudicata. Uno dei membri del tribunale osservò: «Neppure D'Annunzio venne esaltato a tal punto» e una donna di spirito scrisse all'accusato: «In questo mondo e di questi tempi solo cervelli come il vostro fanno carriera. Che guaio aver voluto attribuirsi un titolo che non vi spetta! Se aveste scelto la carriera politica, sareste ora un grande capo...».

Appunto ogni epoca ha i suoi buffoni, i nostri nonni avevano Mussolini, D’Annunzio e La Plante, a noi è toccato Berlusconi, Grillo e Renzi. “Bisogna che gli italiani si sbarazzino di Mussolini, ma bisogna anche che si sbarazzino dei difetti che hanno permesso la vittoria del fascismo.” Ecco forse ci è mancato questo.




Brani tratti da –Mussolini grande attore- Camillo Berneri. Che in formato PDF, lo trovate qui: http://www.liberliber.it/mediateca/libri/b/berneri_camillo/mussolini_grande_attore/pdf/berneri_mussolini_grande_attore.pdf


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